Maliki respinge la mediazione araba per la crisi con la Siria, e insiste con il Tribunale internazionale
Osservatorio Iraq, 23 settembre 2009
Fra Iraq e Siria è sempre crisi diplomatica, e una soluzione non sembra vicina.
Il premier iracheno Nuri al Maliki insiste nel voler internazionalizzare il problema, respingendo le offerte di mediazione arabe, e ribadisce la richiesta alle Nazioni Unite di una commissione indipendente che indaghi sugli attentati del 19 agosto scorso a Baghdad contro i ministeri degli Esteri e delle Finanze.
Maliki oggi ha detto che l’Iraq non ha quasi speranze di ricevere cooperazione contro il terrorismo da parte di Damasco, e ha respinto l’invito dei Paesi arabi ad accettare una via di uscita negoziata alla crisi in atto.
"Lo scopo (di una tale richiesta) è impedire all’Iraq di rivolgersi alle Nazioni Unite, andando invece alla Lega Araba", ha sottolineato il premier iracheno. "Noi siamo seri nella nostra richiesta, e andremo avanti nel modo che abbiamo scelto".
Gli incontri fra i ministri degli Esteri di Baghdad e Damasco (che hanno ritirato i rispettivi ambasciatori) a Istanbul, la settimana scorsa, con i turchi nel ruolo di mediatori, non hanno prodotto risultati.
Il presidente iracheno Jalal Talabani, in partenza per New York, dove parteciperà all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, oggi si è impegnato a chiedere una inchiesta internazionale sugli attentati di Baghdad, e a mandare avanti anche la richiesta di un Tribunale internazionale che ne processi eventualmente i responsabili.
Il tribunale "farà parte delle nostre discussioni"– ha detto Talabani ai giornalisti a Sulaimaniya, uno dei due principali centri della regione kurda – "perché (gli attacchi del 19 agosto) sono considerati crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Chiederemo alle Nazioni Unite di aiutarci".
Oltre a chiedere una inchiesta internazionale (e un eventuale Tribunale) per gli attentati, Baghdad porterà a New York la richiesta di cancellare il pagamento dei danni di guerra al Kuwait per l’invasione dell’agosto 1990, ad opera del regime di Saddam Hussein: circa 25 miliardi di dollari che dovrebbero uscire dalle casse dello Stato iracheno, e a cui il Kuwait non vuole rinunciare.
[O.S.]
Fonte: Agence France Presse
Attentati a Baghdad, vittime
L'esplosione di una bomba davanti a un'abitazione nella parte sudoccidentale di Baghdad ha provocato la morte di una donna e dei suoi due figli, rispettivamente di 9 e 13 anni; il proprietario dell'abitazione era legato ad Harith al-Dhari, leader dell'AMSI (Associazione degli Ulema sunniti iracehni) e portavoce di alcuni gruppi della resistenza irachena. L'esplosione di un'altra bobma nella capitale irachena ha provocato la morte di un membro del consiglio cittadino.
Mosul: uccisi due poliziotti
A Mosul, un poliziotto è morto per l'esplosione di una bomba e un altro è stato ucciso con colpi di arma da fuoco.
Attentato a Tal Zalat, uccisi tre soldati iracheni
Tre soldati iracheni sono morti e altri due sono rimasti feriti per l'esplosione di una bomba a Tal Zalat.
L’Iraq teme l’astensionismo
di Ornella Sangiovanni Osservatorio Iraq, 23 settembre 2009
Allarme astensionismo. L’affluenza degli iracheni ai centri di aggiornamento degli elenchi elettorali è bassa, e i vari blocchi parlamentari accusano la Commissione Elettorale indipendente (IHEC): la responsabilità è sua, dicono.
Alia Nasif, deputata eletta con la Iraqi National List (INL), la coalizione nazionalista guidata dall’ex premier Iyad Allawi, è fra quelli da cui arrivano le critiche più dure.
"La commissione non è indipendente", dice [in arabo] al quotidiano arabo al Hayat, "perché è formata dai blocchi parlamentari". Nel suo organo direttivo, il cosiddetto Board of Commissioners, ci sono rappresentanti di tutti i blocchi, aggiunge,"e questo ne discredita la neutralità".
Secondo la parlamentare, la ricetta per risolvere la situazione è una sola: cambiare il Board of Commissioners, evitando la lottizzazione in base a quote partitiche, etniche, e confessionali che è applicata finora.
A rischio la volontà degli elettori
In precedenza, "la commissione ha dimostrato di essere politicizzata, e di mettere in atto i piani di alcuni partiti" - sottolinea la Nasif - "per questo ha fallito nel suo lavoro". Continuare così, conclude, significa mettere a rischio la volontà degli elettori.
Con le elezioni parlamentari che si avvicinano (sono previste per il 16 gennaio), gli iracheni che hanno diritto al voto devono recarsi in appositi centri creati per aggiornare gli elenchi elettorali – per verificare i loro dati, cosa quanto mai necessaria in un Paese dove negli ultimi anni ci sono stati enormi spostamenti di popolazione.
Solo chi risulterà iscritto in tali elenchi potrà infatti votare, ed è importante sapere dove.
Finora, tuttavia, sono pochi gli iracheni che si sono presi la briga di andare a controllare, e questo sta suscitando preoccupazioni riguardo alla possibilità di un forte astensionismo.
Secondo la Nasif, la responsabilità primaria della scarsa affluenza è della IHEC – perché ha fissato il periodo per l’aggiornamento degli elenchi elettorali in coincidenza con il Ramadan, il mese sacro per i musulmani, e perché i centri creati a questo scopo in molti casi sono lontani da dove abita la gente.
Promesse non mantenute, cittadini frustrati
Tuttavia, la deputata ammette che di motivi ce ne sono altri: la frustrazione dei cittadini, in primo luogo, perché le precedenti elezioni del dicembre 2005 non hanno portato i benefici sperati.
"La gente aveva partecipato per ottenere la sicurezza, riavere la stabilità, e veder migliorare i servizi e le condizioni di vita", dice la Nasif. "Questo non è avvenuto, e le cose peggiorate" – ecco perché molti elettori adesso hanno preferito astenersi.
Anche secondo lo sceicco Sabah al Sa’adi, deputato di Fadhila, partito sciita di ispirazione 'sadrista’, la responsabilità dell’astensionismo degli elettori – per ora nei confronti della verifica dei propri dati elettorali – è della IHEC.
Propaganda insufficiente
"La commissione non ha fatto abbastanza campagne di propaganda per fare sapere ai cittadini l’importanza di aggiornare i loro elenchi", dice Sa’adi, che è anche presidente della Commissione parlamentare di integrità. La grande maggioranza della gente – sottolinea - pensa che potrà votare anche se i suoi dati non sono stati aggiornati.
Secondo cifre fornite dalla IHEC, al 14 settembre oltre 470.000 iracheni si erano recati nei 1.079 centri per l’aggiornamento degli elenchi elettorali aperti in tutto il Paese a controllare i propri dati.
Comunque, a giorni, il presidente della IHEC, Faraj al Haydari, dovrà presentarsi a riferire in Parlamento. La sua audizione, spiega Sa’adi, avrebbe dovuto tenersi già alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, ma Haydari ha chiesto un rinvio di un mese per studiare le accuse rivoltegli. Ora è stata fissata per il 29 settembre, e la nuova data non verrà cambiata, dice il deputato di Fadhila, sottolineando che la IHEC "è accusata di violazioni elettorali, finanziarie, e amministrative".
Gli iracheni sono delusi e non hanno intenzione di andare a votare?
Secondo Rashid al Azzawi, deputato dell’Iraqi Accord Front (IAF), la maggiore coalizione sunnita rappresentata in parlamento, la situazione "miserabile" dell’Iraq si cambia partecipando alle elezioni.
Restare a casa e lamentarsi non serve a niente
In alcune dichiarazioni pubblicate sul sito Internet dell’Iraqi Islamic Party, una delle componenti dello IAF, Azzawi sottolinea che "chi vuole un cambiamento della realtà politica, economica, e dei servizi in Iraq deve affrettarsi a ottenere una tessera elettorale per partecipare alle elezioni": starsene seduti a casa, distribuendo critiche, accuse, e attacchi non serve a determinare il destino dell’Iraq e degli iracheni, dice il deputato.
La IHEC aveva prorogato fino a fine settembre il periodo utile per la verifica e l’aggiornamento degli elenchi elettorali, proprio per dare più tempo ai cittadini di andare negli appositi centri, ma l’affluenza è in calo, ed è iniziato un balletto sulle responsabilità.
Qasim Abudi, uno dei membri del Board of Commissioners, difende il lavoro della commissione: la campagna di informazione nei confronti dei cittadini è stata intensificata, dopo aver visto che la percentuale di affluenza ai centri per l’aggiornamento degli elenchi elettorali diminuiva.
"La debole affluenza e le sue cause non hanno alcun rapporto con il lavoro della commissione", dice il funzionario in un comunicato, nel quale si invitano "i blocchi politici, i media, e le organizzazioni della società civile a svolgere il loro ruolo": ovvero avvertire gli elettori e spronarli a recarsi ai centri di aggiornamento degli elenchi elettorali.
Fra poco si chiude, e chi non sarà iscritto negli elenchi finali a gennaio non potrà votare.
Fonti: al Hayat, United Nations Assistance Mission for Iraq
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