4 luglio 2007
50 morti accertati, centinaia di ragazzi ammalati, piú un dato sommerso non calcolabile sconcertante. Questi i numeri dell'uranio impoverito, un caso politico e militare che, ciclicamente, ritorna nello scenario nazionale e ogni volta scompare. Un po' come fosse un argomento poco interessante. In realtà, il motivo andrebbe ricercato nell'imbarazzo che suscita in maniera alquanto bipartisan. L'unica cosa certa è la tragedia che hanno vissuto o stanno vivendo tante famiglie di soldati italiani che sono morti o stanno soffrendo di mali durissimi come tumori al cervello o allo stomaco, leucemie fulminanti. E quindi, sentire raccontare dell'uranio impoverito sconvolge, fa rimanere senza parole, sembra un po' come combattere contro i mulini a vento. Ma qui il problema è maledettamente serio e bisogna farlo uscire allo scoperto, troppi ragazzi del nostro esercito hanno dovuto pagare sulla loro pelle gli effetti dell'uranio impoverito. Anche ultimamente, tra il Libano e l'Iraq, sono stati denunciati nuovi casi. Per questo abbiamo intervistato Francesco Palese, un giornalista che ha iniziato un'inchiesta sull'uranio impoverito e alla fine ha aperto un sito, www.vittimeuranio.com, un portale interamente dedicato al tema. "Lo scopo del sito - aveva spiegato Palese alla presentazione - è quello di costituire un punto di incontro permanente e di alto profilo fra tutte quelle personalità che a vario titolo si occupano della questione, rappresentando al tempo stesso, attraverso l'interattività propria del mezzo, un efficace strumento di denuncia per chi continua a soffrire nel silenzio".
Domanda. Quali sono i teatri in cui sono state usate armi con l'uranio impoverito e da quanto tempo viene usato?
Risposta. L'uranio impoverito è stato usato nella prima guerra del Golfo nel 91 e poi Somalia, Balcani, Iraq, Afghanistan, Libano. Ma nessuno lo ammette. La Nato, solo dopo molti anni, ha detto di aver usato l'uranio in Kosovo. Solo nei Balcani sono stati sparati 31.000 proiettili, circa 14 tonnellate di uranio.
D. Anche in Libano sono stati usati proiettili di questo tipo? Le forze armate hanno sempre negato.
R. Tramite una Ong inglese e uno speciale di Rainews24 si è scoperto l'uranio nel filtro dell'aria di un'ambulanza della Croce rossa a Beirut. È chiaro quindi che anche in Libano sono state usate armi di questo tipo. E anche in Libano i nostri militari non hanno misure di protezione per difendersi dalle micropolveri letali. Avrebbero bisogno di maschere, tute, guanti, occhiali. Tutte protezioni che peró non vengono mai usate.
D. Esistono delle norme ufficiali per usare le dovute protezioni?
R. Sí, certo. Dal 1999 l'Esercito ha indicato quali sono le norme di protezione. Ma non vengono mai rispettate, anche perché altrimenti andrebbe ammesso l'uso di armi con l'uranio impoverito. Abbiamo moltissime testimonianze di soldati italiani reduci dai Balcani che hanno dichiarato pubblicamente di non aver mai usati le protezioni adatte. I soldati statunitensi, invece, hanno sempre tutto il necessario.
D. E i civili?
R. Ovviamente c'è un grave problema per le popolazioni delle nazioni bombardate con uranio impoverito. Solo nel sud dell'Iraq, è stato riscontrato che tumori e leucemie sono aumentate del 20% tra il 2005 e il 2006. È chiaro che c'è un motivo che nessuno peró vuole dire chiaramente.
D. Chi usa l'uranio impoverito?
R. Sicuramente è stato usato dalla Nato, dagli Usa e da Israele.
D. Come avete fatto a sapere quanti morti e quanti ammalati ci sono?
R. Abbiamo i dati raccolti dall'Anavafaf (Associazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate nelle Forze Armate e Famiglie dei Caduti) e inoltre abbiamo fatto una ricerca sulla stampa. Quando si parla di forze armate, infatti, c'è un grave problema visto che molti soldati non vogliono denunciare quello che succede. Cosí noi siamo venuti a sapere che dal 1993 i morti in Italia sono almeno 50, gli ammalati qualche centinaio. Ma sicuramente i numeri sono molto piú alti.
D. In Italia viene usato l'uranio impoverito? L'esercito italiano lo usa?
R. La difesa italiana no. Ma nel nostro paese ci sono alcuni poligoni internazionali di tiro in Sardegna dove vengono sperimentate alcune armi Nato. Solo nei poligoni sono stati riscontrati almeno 10 morti. Ma come al solito questi numeri sono la punta dell'iceberg, molti malati rimangono sottotraccia.
D. E il ministero della Difesa non ha cifre ufficiali?
R. Il ministero sicuramente li ha, ma si rifiuta di dare questi dati all'esterno. Pochi giorni fa la commissione parlamentare d'inchiesta ha detto che invierà la polizia giudiziaria per indagare in alcune caserme. Staremo a vedere quello che succederà.
D. Quali sono le vostre richieste?
R. Prima di tutto chiediamo la messa al bando dell'uranio impoverito. E poi vogliamo che venga riconosciuta la causa di servizio ai militari deceduti o ammalati. È una questione di dignità per le vittime che sono a pieno titolo "vittime del dovere". Purtroppo dare la causa di servizio significherebbe dire "abbiamo sbagliato". E a quel punto bisognerebbe accertare per davvero le responsabilità.
D. Parliamo della commissione parlamentare d'inchiesta. Come opera?
R. Prima di tutto la Commissione ha storicamente avuto molte difficoltà per partire, a causa di molte pressioni per non far parlare di questa vicenda. Adesso vedremo quello che farà. C'è un esempio che la dice lunga peró. Gianluca Anniballi, reduce dal Kosovo e possibile vittima dell'uranio impoverito, si è detto disposto ad essere ascoltato dalla Commissione. A tutt'oggi ancora non è stato richiamato. La Commissione dovrebbe accertare le responsabilità tra capi di stato maggiore e ministri della difesa da prima anni '90 ad oggi e affermare il principio di precauzione per i nostri ragazzi.
D. Chi si occupa in Italia della vicenda uranio impoverito?
R. Ormai solamente alcuni giornali ci danno spazio, come la Padania e Liberazione. E automaticamente solo alcuni partiti, magari quelli piú estremi nell'arco costituzionale. Il simbolo di questa battaglia è sicuramente Falco Accame che con l'associazione Anavafaf ha anche presentato alla stampa un "libro nero" sull'uranio impoverito.
Tommaso Della Longa
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