6 Luglio 2007
Gerusalemme: gli insediamenti israeliani nella West Bank occupata usano solo il 12 per cento della terra assegnatagli, ma un terzo del territorio che usano si trova fuori della loro giurisdizione ufficiale, secondo un rapporto pubblicato venerdì da Peace Now, un gruppo israeliano che difende il diritto all'autodeterminazione dei Palestinesi.
Secondo il rapporto, basato su dati ufficiali rilasciati dal governo israeliano a seguito di un'ingiunzione del tribunale, il 90% degli insediamenti si estende oltre le frontiere ufficiali, nonostante la grande quantità di terra che rimane inutilizzata già assegnata per essi.
Più del 10% della terra all'interno della giurisdizione ufficiale degli insediamenti appartiene a privati palestinesi, come il 70% della terra che gli insediamenti controllano al di fuori della propria cerchia, dice il rapporto, i cui risultati sono stati pubblicati Venerdì dal quotidiano Ha'aretz.
Secondo Dror Etkes, che ha preparato il rapporto insieme a Hagit Ofran di Peace Now, i dati ufficiali mostrano come il governo ha preso per gli insediamenti più terra di quanto ce ne fosse bisogno per impedire le costruzioni palestinesi nei pressi, mentre cerca di aggiungere una zona di separazione tra i coloni e i Palestinesi.
Ma nelle aree che sono state chiuse ai Palestinesi, i coloni hanno sequestrato terra palestinese adiacente, spesso appartenente a privati, senza essere fermati dall'esercito, l'autorità sovrana nei territori occupati.
"Vi è una regolare tendenza a non far rispettare la legge ai coloni", dice Etkes. "Ma la mancanza di rispetto della legge non è casuale. E' diventato un altro strumento per acquisire gli obiettivi militari dell'occupazione, cioè assegnare terra per gli insediamenti e mantenerla".
I dati, aggiornati alla fine del 2006, sono stati forniti dall'Amministrazione Civile del Governo israeliano, che controlla le attività civili nei territori, in risposta ad una causa legale intentata da Peace Now e dal Movimento per la Libertà di Informazione in Israele. Prima del processo, le mappe ufficiali degli insediamenti della West bank non erano rese pubbliche.
Shlomo Dror, portavoce dell'amministrazione militare israeliana nella West Bank ha detto che molte delle infrazioni segnalate dal rapporto hanno avuto luogo anni addietro ed ora sono state corrette. "Oggi abbiamo una migliore applicazione della legge, la proprietà della terra è verificata e noi intraprendiamo azioni legali quando è necessario" .
Etkes ha risposto: "Non sono certo che il rispetto della legge sia migliorato, ma è migliorato senz'altro il loro senso dell'umorismo".
In base agli Accordi di Oslo del 1993, Israele si impegnò a non compiere passi unilaterali per alterare la situazione nei territori occupati prima di un accordo di pace, e più tardi promise all'amministrazione Bush che gli insediamenti non sarebbero stati espansi oltre le aree già "edificate".
Ma dei 164 insediamenti, avamposti e zone industriali nella West Bank, 92 di essi si espansero o ridefinirono la loro area di giurisdizione dopo gli accordi di Oslo, e nel decennio che seguì, il numero dei coloni nella West Bank si è raddoppiato.
Ci sono circa 122 insediamenti ufficiali israeliani nella West bank. I Palestinesi rivendicano tutta la West Bank come parte di un futuro stato.
Gran parte della comunità internazionale considera gli insediamenti israeliani nella West Bank, che fu concquistata da Israele nella guerra del 1967, come illegali in base al diritto internazionale; gli USA chiamano gli insediamenti "un ostacolo alla pace" e vogliano che l'attività di colonizzazione venga fermata. Israele ha detto che intende tenersi tre grandi blocchi di insediamento nella West Bank, insieme a Gerusalemme Est.
A causa dell'alto tasso di natalità, la popolazione degli insediamenti sta crescendo a più del 5% l'anno, e le promesse fatte dall'ex Primo Ministro Ariel Sharon e confermate dal suo successore, Ehud Olmert, di distruggere gli avamposti costruiti a partire dal marzo 2001 non sono state rispettate.
Venerdì, a Gaza, migliaia di persone hanno marciato per i funerali di 11 persone, tra cui 9 combattenti di Hamas ed un combattente della Jihad Islamica, che sono rimaste uccise Giovedì in scontri a fuoco a seguito dell'incursione israeliana. L'esercito israeliano ha detto che avrebbe concluso le operazioni nell'area centrale di Gaza dopo la mezzanotte. L'esercito compie raid per fare interrogatori ai Palestinesi sull'attività militare, compreso il lancio di razzi su Israele ed il contrabbando di armi, munizioni e denaro all'interno di Gaza. In questo caso, circa 10 Palestinesi sono stati arrestati e portati in Israele per ulteriori interrogatori.
Anche Venerdì, soldati israeliani, vicino a Beit Hanun, hanno sequestrato otto lanciatori di razzi con l'equipaggiamento al completo. Uno dei lanciatori aveva il razzo pronto ad essere lanciato.
Nello scontro, Imad Ghanem, un cameraman della emittente televisiva di Hamas, al-Aqsa, è stato ferito e quindi colpito alle gambe almeno due volte dopo essere caduto a terra. Le sue gambe sono state successivamente amputate in ospedale e le condizioni rimangono critiche.
Il maggiore Avital Leibovich, una portavoce dell'esercito, ha dichiarato Venerdì che "molte volte Hamas conduce con sé militanti e li dota di telecamera, come questa persona, che secondo noi non è un vero giornalista, ma un militante come gli altri". Ha detto che non indossava nulla che lo identificasse come giornalista, e che altre volte, questo cameraman aveva portato armi e le aveva usate. Ha detto che nello scontro a fuoco "non era chiaro chi avesse sparato" nelle gambe di Ghanem.
La Federazione Internazionale dei Giornalisti ha condannato la sparatoria, Venerdì. "Questo è un esempio brutale e crudele di un giornalista deliberatamente bersagliato", ha detto Aidan White, segretario generale della federazione.
"Le autorità israeliane devono investigare su questo caso e punire i responsabili", ha aggiunto White: "Quest'uomo stava portando una telecamera, non un fucile. Non costituiva una minaccia per le forze israeliane". La Leibovch ha detto che non è prevista alcuna inchiesta.
Tradotto dall'inglese da Gianluca Bifolchi, un membro di Tlaxcala (www.tlaxcala.es), la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale : è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne l'autore e la fonte.
Articolo originale;
http://www.iht.com/articles/2007/07/06/africa/mideast.php
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