2 marzo 2009

Otto anni di riflessioni hanno portato un cecchino di un'unità di elite israeliana a incontrare un giornalista britannico a cui, per la prima volta, ha raccontato nei dettagli l'uccisione a sangue freddo di un militante palestinese, nella Striscia di Gaza. Il racconto è stato pubblicato oggi con grande evidenza sul quotidiano britannico progressista 'Independent'. Un esponente di 'Rompiamo il silenzio' - un gruppo di una ventina di ex militari di leva israeliani che hanno deciso di investigare privatamente centinaia di episodi che a loro parere rappresentano altrettante ''macchie'' per Israele - ha raccontato oggi all'ANSA alcuni retroscena di questa vicenda. L'episodio avvenne il 22 novembre 2000 nella zona di Morag, una colonia ebraica nel sud della Striscia di Gaza ora abbandonata. Un'unità di elite delle forze armate aveva avuto ordine di catturare due militanti palestinesi ritenuti responsabili di una serie di attacchi contro le truppe occupanti. Ma quando essi giunsero a portata dei fucili dei militari - secondo questa testimonianza - furono uccisi a sangue freddo, assieme con due civili che per caso si erano venuti a trovare nelle vicinanze. ''Abbiamo avuto in merito le prime informazioni nel settembre 2005'', ha detto Yehuda Shaul, uno dei responsabili di 'Rompiamo il silenzio'. ''Qualcuno nell'aviazione militare ha aggiunto Shaul - aveva visto allora un filmato dell'episodio''. In seguito il gruppo ha raccolto le testimonianze di altri quattro militari, ciascuno dei quali disponeva di un diverso tassello della vicenda. Fra questi, due anni fa, il cecchino intervistato dal giornale, che ha ammesso di aver sparato undici proiettili sul palestinese da una distanza di 15 metri. ''Nella versione ufficiale si affermò all'epoca che il palestinese aveva impugnato un Kalashnikov, ma noi siamo in grado di stabilire che l'arma era ancora nel bagagliaio'', ha detto Shaul. ''Si trattò di un’eliminazione''. Yehuda Shaul non approva comunque il titolo scelto dal giornale britannico secondo cui in Israele agirebbero 'Squadre della morte'. ''E' una definizione che non rappresenta la realtà '', afferma. Non solo non ci sono in giro ''mostri'', ma semmai, al contrario, il messaggio di 'Rompiamo il silenzio' è l'opposto. ''Non è la singola mela che è marcia - afferma - ma tutto il sacco'', ossia l'occupazione militare israeliana. I ragazzi che portano le proprie testimonianze a 'Rompiamo il silenzio' sono a suo parere normali, anche di buone famiglie, e malgrado ciò giungono a compiere nei Territori palestinesi azioni di cui poi si vergogneranno per anni. Un po' come Ari Folman, il militare di leva che prese parte nel 1982 all'invasione israeliana del Libano e che oltre 20 anni dopo ha realizzato il film d'animazione ''Valzer con Bashir'. ''Da dove viene il nostro impegno? Dalla sensazione - conclude Shaul - che la stampa israeliana non faccia il suo dovere e che qualcuno debba comunque raccontare alla popolazione cosa succede davvero nei Territori''.

L'esercito israeliano è preoccupato: cala il numero degli arruolati

Intanto l’esercito israeliano è preoccupato. Il numero dei giovani arruolati continua a calare, fino a raggiungere cifre allarmanti per un esercito di occupazione. Fra i ragazzi, il 25,8% sono stati esonerati nel 2008. Fra le ragazze, la percentuale tocca ormai il 44%. Lo ha riferito la radio militare, citando in merito il comandante del Dipartimento per le risorse umane delle forze armate israeliane generale Avi Zamir. Fra i maschi, la maggior parte di quanti riescono a non indossare la divisa sono gli ultraortodossi (11%) seguiti dai giovani afflitti da problemi fisici vari, o che hanno fedine penali non immacolate o che si sono trasferiti all'estero. Fra le ragazze, la maggior parte delle non arruolate (34,6%) affermano di condurre uno stile di vita religioso, incompatibile con la vita militare e la conseguente promiscuità. ''A nostro parere tuttavia l'8% di questa categoria non dice la verità'' ha aggiunto il gen. Zamir, spiegando che nei casi di incertezza vengono svolti approfondimenti e che 500 ragazze, che non erano realmente religiose, hanno deciso di conseguenza di arruolarsi. Ma la tendenza, ha aggiunto l'emittente, è evidente. Si prevede che il numero di quanti per ragioni disparate non si arruolano andrà aumentando. Per lottare contro il fenomeno il capo di stato maggiore gen. Gaby Ashkenazy ha chiesto un incontro con il ministro dell' istruzione Yuli Tamir, nella speranza che proprio nelle scuole possa essere incrementata la disponibilità dei giovani a servire nelle forze armate. Nei mesi scorsi Tsahal aveva aperto un altro fronte denunciando le attività di organizzazioni di sinistra che insegnano ai giovani come districarsi nella burocrazia militare per ottenere l'esonero dal servizio di leva, oppure per svolgere nell'esercito solo mansioni di ufficio. Gli psicologi militari hanno da allora ricevuto nuovi istruzioni e la selezione di quanto vengono definiti ''inadatti alla vita militare'' è divenuta più stretta.

* Radio Città Aperta